La cultura Mosuo: matriarcato evolutivo
Martedì 6 maggio a Firenze si è tenuto un incontro dedicato alla cultura Mosuo o Moso, dove due donne della tribù ci hanno raccontato la loro vita quotidiana, i loro usi, le loro tradizioni e la loro spiritualità. In questo articolo voglio riassumere ciò che è emerso dalla chiacchierata con le donne Mosuo perché credo sia molto importante diffondere il messaggio, in questo mondo abusato, che esiste una cultura ancora basata sul rispetto della vita, e che potrebbe essere usata come un seme per una nuova realtà.
Il matriarcato
La cultura Moso è basata sulla discendenza matrilineare, ovvero da donna a donna, di madre in figlia. Il principio della matrilinearità si accosta a quello matrifocale (la donna è al centro della società) e matrilocale (nel luogo dove risiede la madre) che possono essere riassunti sotto il principio del matriarcato. La cultura Moso dunque è rimasta ad una struttura sociale dove regnano i valori di rispetto, di pace e di amore, dove la natura è tenuta in grande considerazione e lo stile di vita è ancora quello tribale, sappiamo infatti che il matriarcato ha origini preistoriche e aveva una sua organizzazione in tribù o clan all’interno dei quali la donna era il punto di riferimento. Non si parla infatti di domino ma di centralità, attorno alla quale si sviluppa il cerchio sacro, ovvero una famiglia fatta di figli, nipoti, trisnipoti: vivono infatti nella stessa casa quattro generazioni. Seguendo il principio della matrililocalità i figli vivono nella casa delle madri, e questo è un modo per preservare il benessere dei bambini che così restano sempre a contatto con la madre. Vengono comunque accuditi da tutta la parte di parentela materna, ogni figlio che nasce fa parte della famiglia, non è di proprietà della madre, si parla infatti di maternità sociale dove la madre e le sorelle vengono chiamate “mamma”, senza distinzione. In questo contesto ci raccontano anche che sempre per il principio di matrilocalità, i compagni con cui le donne Moso concepiscono, essendo figli a loro volta, continuano a vivere nella casa della loro madre e si occupano dei figli delle loro sorelle (quindi dei loro nipoti). Sono infatti gli zii materni a svolgere un ruolo paterno verso i bambini, mentre il padre biologico non ha alcun obbligo verso i propri figli, ma appunto, verso i suoi nipoti. I due genitori dunque, escono dal ruolo genitoriale come lo intendiamo noi, e si dedicano esclusivamente alla cura del loro rapporto d’amore. In questo modo l’amore resta esterno dalle questioni materiali, permettendo agli amanti di viverlo in modo sacro.
la Struttura sociale
Non hanno un sistema sociale gerarchico, ma ogni individuo è importante come ogni altro essere. Ad esempio quando devono essere prese decisioni, la famiglia si riunisce e tutti i membri adulti discutono le possibili soluzioni. La Dabu, la matriarca della famiglia, presiede in queste riunioni garantendone il corretto svolgimento e discutendo sulla decisione finale che viene stabilita secondo la pratica del consenso, ovvero, si parla e si discute fino all’accordo tra tutti i membri. Non esiste una votazione democratica, o un decisione tirannica, nella famiglia si tiene conto delle esigenze e del pensiero di tutti.
Una società basata sul consenso significa vedere tutti i membri come gli organi dello stesso corpo, tutti utili per l’organismo e tutti che lavorano in armonia per il benessere, senza che uno prevalga sull’altro. Se infatti il funzionamento dei reni fosse sovrastimolato e centralizzato, ci ritroveremmo in breve tempo disidratati. Ogni essere fa parte di un ecosistema, dove ognuno svolge il suo ruolo per la vita.
Abbiamo accennato alla figura della Dabu, questa è la matriarca, colei che rappresenta la famiglia. Si occupa di onorare gli Antenati e delle pratiche spirituali, è anche colei che gestisce le riunioni nelle quali vengono prese delle decisioni e assiste ai parti propiziandone la buona riuscita.
Spesso camminano per le strade propiziando l’abbondanza e ringraziando gli spiriti di natura. Ci dicono che è una persona molto importante nel clan in quanto parla con gli spiriti anche con i fantasmi e con gli Dei. A lei sono attribuiti i poteri di risolvere i conflitti e fare offerte in onore della montagna sacra.
il lavoro
Nella cultura Moso non esistono lavori per gli uomini o per le donne, solo la tessitura è esclusivamente in mano alle donne e anche questo ricorda un aspetto dei popoli antichi nel quale l’arte del tessere era riservato alle donne in quanto rappresenta la creazione di una trama, e quindi di una vita (pensa alle Parche, o le Norne, che reggono i fili, e quindi i destini, delle vite degli uomini).
Nel lavoro quotidiano le persone stanno molto vicine e si scambiano conoscenze e consigli, per esempio su rimedi per la guarigione, o su ciò che accade nella famiglia.
la spiritualità
I Moso vivono vicino ad una grande montagna e ad un lago e considerano questi due elementi sacri, tanto è vero che il lago è considerato un “lago madre” e la montagna è una Dea Madre protettrice. Vivono seguendo il principio del cerchio e quindi seguendo una parità di livello con tutti gli esseri, dove ognuno è in cooperazione con gli altri per la vita. E’ un modello spirituale e culturale basato sulla Natura, ciclica e considerata sacra che ha impedito al patriarcato di insediarsi. Se osserviamo il nostro modo di vivere possiamo a gran voce affermare che il patriarcato si è insediato e ha prosperato nel momento in cui ci siamo allontanati dalla natura, soprattutto dal rispetto dei suoi ritmi tribali. Il patriarcato è come un bastone messo a forza nell’ingranaggio di un cerchio.
Hanno anche loro la pratica delle bandierine colorate a cui affidano le preghiere e che vengono poi posizionate in luoghi ventosi e nei boschi che sono considerati sacri. Un’ altra pratica molto diffusa anche nella nostra cultura europea è quella di appendere i vestiti dei malati agli alberi affinchè gli spiriti portino guarigione. Hanno poi un tempio per i ritiri spirituali dove contattano gli antenati e gli spiriti di natura, fanno inoltre dei pellegrinaggi alla montagna sacra che si chiama Gammu. A 3500 m di altezza infatti c’è un tempio sacro dedicato alla Dea dove con dei rami di pino ringraziano e purificano. Offrono poi dei sacchetti di cereali.
le tradizioni culturali
La terra è ricevuta in dono dagli antenati e viene quindi lasciata alle figlie, secondo il principio di matrilinerità, tramandata come un dono verso il quale si può nutrire solo devozione e rispetto, non si può infatti uccidere e maltrattare qualcosa che ti è stato donato e che servirà ai tuoi figli per vivere.
Dentro la casa esistono due pilastri, uno rappresentante il maschile a sinistra, e uno femminile a destra che rappresenta le radici. Questo ci dimostra il grande equilibrio tra questi due aspetti della vita, senza dominio l’uno sull’altro. Il maschile e femminile vengono considerati alla pari, due colonne portanti della cultura Moso.
Vi è anche una stanza dedicata esclusivamente al parto e alla morte, un vero e proprio luogo-non luogo di passaggio, uno spazio tra i mondi. Per i Moso i figli sono la reincarnazione degli antenati, quindi è significativo che la vita e la morte si incontrino in questo stesso luogo.
Ci raccontano poi che funerali si svolgono facendo passare il corpo sopra una fila di donne un po’ come a ripercorrere una sorta di genealogia probabilmente anche per propiziare una nuova rinascita.
Praticano dei riti di fertilità all’interno di una caverna nella montagna dove vanno le donne per propiziare le gravidanze grazie alla presenza di una pietra fallica. Inoltre bevono l’acqua prodotta da questa caverna.
Durante la gravidanza ci raccontano che vengono trattate in modo particolare anche se lavorano quasi fino al termine secondo le loro esigenze e possibilità. Usano la placenta per propiziare un albero da frutto associato alla nuova vita appena nata. Ci parlano anche di piante e rimedi utilizzati prima durante e soprattutto dopo il parto per ricostituire la salute della donna.
Il parto viene celebrato e vissuto in questa stanza all’interno della casa, assistito da altre donne principalmente dalla madre della ragazza.
La nascita è vissuta con grande naturalezza dove l’intervento umano è davvero minimo.
Quando il bambino nasce le donne della famiglia vanno nelle altre case ad annunciare che c’è stata una nascita dopodiché le altre famiglie vanno a far visita alla partoriente portando erbe e cibi per aiutarla a ristabilirsi. Usano una bevanda a base di riso fermentato che bevono per brindare e la offrono anche agli antenati come membri integranti della famiglia. Il ruolo del padre durante il parto è quello di occuparsi solo di cose tecniche ad esempio di tenere il fuoco acceso, non può infatti assistere al parto. Può visitare i propri figli biologici quando fa visita alla compagna la sera e può aiutare economicamente ma non ha obblighi. Il rapporto fra uomo e donna come si diceva è molto spontaneo e, ci dicono le Moso con un sorriso, l’amore è più intenso e non ci si annoia!
La relazione dura fino a che entrambi decidono di portarla avanti, ad esempio se l’uomo non si presenta più dalla sua compagna, il rapporto si considera concluso e così se la donna lo rifiuta. Fino a poco tempo fa tra i Moso era diffusa anche la pratica di avere più compagni seguendo semplicemente quello che era il proprio desiderio senza sentire in questo nessuna morale come invece la nostra cultura patriarcale ci ha insegnato.
Le donne senza figli non vengono giudicate come inutili nonostante la maternità sia un aspetto basilare nella cultura Moso. Questo perchè non esiste, come già detto, il concetto di possesso dei figli biologici, ogni bambino che nasce è della famiglia e tutte le donne si occupano dei figli che abitano nella casa. Se in una famiglia non nascono figli si può chiedere a i parenti di altre case una capofamiglia e quindi una donna che assuma il ruolo di Dabu.
Al compimento dei 13 anni i giovani vengono onorati in una cerimonia per il passaggio all’età adulta, ricevendo il costume tradizionale. Possono così partecipare alle decisioni della famiglia e le giovani donne ricevono le chiavi della loro camera dove potranno accogliere liberamente l’uomo che sceglieranno.
La devozione alla natura è la principale forma di spiritualità di questo popolo e continuare a onorare la natura e i suoi cicli significa “rimatrizzare” la realtà, tornare alla terra e al principio della maternità sacra dov’è la terra è vita e dove tutti collaborano per la vita in un cerchio, proprio come la natura ci insegna. Significa andare oltre al modello economico che svaluta le donne e uccide il pianeta, andare oltre un idealismo politico che ingabbia con le sue regole e tornare a risvegliare in noi i valori essenziali rimanendo fortemente attaccati alla libertà.
Profondamente grata di averle conosciute.