Donne eretiche: Else, Cate e il Principe Nero
Elspet Forbes e Caterine Robert intorno al 1500 furono arrestate per reati di sortilegio. La storia ha come luogo la regione di Orléans, zona già incontrata in relazione a Giovanna D’Arco e alla sua storia.
La vicenda ha come protagoniste sfortunate due ragazze provenienti da famiglie contadine che lavoravano come cameriere nelle locande della regione.
Le due ragazze avevano preferito affrontare le difficoltà di un lavoro a contatto con uomini spesso invadenti, alla vita contadina, più tranquilla e riservata. Questo ci fa capire il loro temperamento e soprattutto il loro atteggiamento considerato “libertino” per quell’epoca. Caterine infatti, si invaghì di un viaggiatore, un cantastorie che viveva raccontando le gesta di eroi come Artù e che narrava anche alle due fanciulle ciò che accadeva nelle città dove lui passava, ad esempio leggende di streghe e demoni. Caterine, o Cate come verrà chiamata in seguito, conquistò questo giovane e passò con lui una notte di amore e confessò all’amica di essere convinta che lui fosse il Principe Nero, il Diavolo in persona. Elspet, o Else, pensò allora di dare vita ad un Sabba, e da qui la storia iniziò a complicarsi, fino al terribile finale.
Dobbiamo presentare adesso un altro personaggio della vicenda, una certa Zita, guaritrice ed erbana di un paese vicino, nonchè parente di Else. Le persone dei villaggi vicini compravano da lei, erbe, oli o andavano a richiederle aiuto in caso di malanni. Era anche un’ ottima levatrice e veniva ripagata con cibo o con poche monete che non disprezzava. Le venne chiesto dalle ragazze di organizzare un sabba, al quale la donna aveva già partecipato in passato. Concordarono il luogo per l’incontro e Zita si occupò di invitare tutte le donne che conosceva che sarebbero state ben felici di assistere ad una cerimonia del genere. C’era un problema: il Gran Maestro della sua congrega non si vedeva più in giro da tempo in quanto le repressioni ai danni dell’Antico Culto erano già iniziate e le congreghe iniziarono a disperdersi o a lavorare in segreto. A tal proposito è rimasta una testimonianza scritta di questa donna che parla dei Sabba:
“Si stava così bene allora ai tempi di grandi riti. Il rito della primavera e quello della fertilità erano splendidi non come quelli di oggi nelle chiese fredde e buie. Si stava nei campi, si giocava, si contemplava la natura, si beveva succo d’uva e si godeva il piacere dell’amore, che c’è di male?Ogni prete ha cancellato tutto questo con penitenze, preghiere, tasse, castighi, rinunce. Di questo passo l’inferno è qui su questa terra, mentre allora a quei tempi noi abbiamo gustato il paradiso” .
La soluzione per rimpiazzare il Gran Maestro arrivò subito: avrebbero usato il cantastorie per interpretare il Principe Nero (o forse lo era davvero?).
I preparativi del Sabba potevano dunque iniziare: prepararono il banchetto e le ostie con il pane di frittella, il vino fu recuperato dalle botti delle locande dove le due ragazze lavoravano. Ma la cosa che tutti volevano vedere era ovviamente il Signore Oscuro.
Gli ospiti invitati al sabba arrivavano in questa grande casa e alla mezzanotte iniziava la cerimonia, dove vi era il maestro delle cerimonie che avrebbe presenziato e officiato i riti.
Dopo l’arresto le due ragazze furono interrogate e nella sentenza scritta dell’inquisitore troviamo questa testimonianza: “Due volte a settimana andavano in una casa diroccata dove c’era un camino dal quale usciva un essere nero la cui faccia restava invisibile” insieme a questa visione si diceva che vi erano anche due capri dal pelo nero.
Quando l’inquisitore chiedeva alle due fanciulle di questa esperienza, loro raccontano di questa casa diroccata in cui si tenevano i sabba e gli invitati avevano delle maschere di animali o con le corna, altre con pizzi e sete.
Oltre al banchetto, in questi sabba venivano svolte delle attività: il Diavolo offriva delle somme di denaro ai partecipanti se fossero riusciti a far morire qualcuno nella zona, ad esempio per un uomo pagava otto soldi, per una donna 5, molto meno per gli animali. Sappiamo anche che le donne con i figli piccoli portavano al Maestro i loro bambini a farli battezzare con una sostanza oleosa e appiccicosa, oppure usando il seme di un uomo contro il cui membro le madri si erano strofinate. Il Diavolo poi cantava e pronunciava il sermone, tutti facevano inchini e onoravano il Signore senza volto chiamandolo Dio. Nelle testimonianze è scritto che il Diavolo spargeva una polvere nera che puzzava di zolfo a mo’ di acquasanta.
Un’altra attività raccontata è quella dello scambio di consigli su ricette medicinali o di cucina, pratica che è riportata in moltissimi processi.
Le ragazze durante l’interrogatorio, parlano anche della creazione di alcune “marionette” cioè dei pupazzini fatti di latte e farina e fritti nel burro. Alcune di queste venivano portate a casa come ricordo ma non solo: erano considerate come degli indicatori per la vita domestica. Se i pupazzi erano contenti infatti, le donne potevano uscire a fare compere e passeggiare, se invece i pupazzi erano tristi, le donne dovevano restare in casa perché sarebbero state minacciate da cose orrende. Elsa e Cate, forse per la loro giovane età, si sentivano spavalde e dissero addirittura che avrebbero potuto portare in tribunale alcune di queste marionette e stregare il giudice, perché il giudice cattivo è sempre abbandonato da Dio. Fino a questo punto l’indagine proseguì in modo “tranquillo” senza la minaccia di tortura: le dichiarazioni furono infatti fatte spontaneamente dalle giovani donne, ma da questo momento l’inquisizione si inasprì in seguito a queste minacce e il giudice tornò a ad indagare soprattutto sul patto con il Diavolo, tema per cui a quel tempo vi era una sorta di morbosità ossessiva, quasi a voler sapere i dettagli più scabrosi non solo per punire, ma anche per viverli. Le due ragazze ammisero che il diavolo e alcuni altri partecipanti, si spogliavano mostrando agli invitati il loro membro, e che molte molte donne si inginocchiavano, li baciavano e si appartavano con loro.
Tutte queste dichiarazioni costarono la vita alle due ragazze che erano ovviamente ignare di quello che stava per accadere.
Il giudice allora volle saperne di più sulle unioni carnali con il Diavolo. Cate disse con grande risolutezza che solo gli invitati e gli altri diavoli si appartavano “ma non certo il mio signore”. Anche l’altra ragazza confermò di non aver mai avuto rapporti con il Diavolo ma di averlo solo visto nudo. Questa affermazione purtroppo smontava le teorie della giuria dell’unione diabolica, così il giudice, decise di smettere di credere alle parole delle fanciulle e fece delle loro ammissioni precedenti, una solida base per preparare il rogo.
Vengono dunque dichiarate menzognere, eretiche, blasfeme e le minacciò di tortura se non avessero confessato il vero, o meglio, ciò che avrebbe voluto sentire. A questo punto le fanciulle dovettero seguire il consiglio della loro confraternita per evitare la tortura: “non oltraggiare mai l’inquisitore, non contrariarlo, dire di sì a tutte le sue accuse vere o false che siano, pentirsi, abiurare“. In tal modo era possibile evitare la tortura della corda e della ruota dentata e con qualche penitenza era possibile uscire anche dalle segrete del tribunale. Else e Cate fecero tutto quello che era stato consigliato ma non avevano fatto i conti con il giudice che si dice fosse il nipote di uno di quelli che processò Giovanna D’Arco e che conoscesse molto bene i testi di demonologia. Così l’interrogatorio sotto la minaccia della tortura continuò, e arrivò una domanda che tutti i partecipanti al Sabba temevano: “Chi erano i vostri complici e quando li incontraste e come”.
Le ragazze risposero di non conoscere nessuno e che erano state chiamate da una voce maschile mentre attraversano il bosco e aggiunsero: “poi siamo ancora qualche volta al gioco fino a quando le voci sono giunte alle vostre orecchie”.
L’Inquisitore non credette alla dichiarazione, perchè probabilmente venne a sapere di tutta questa vicenda da qualcuno che aveva partecipato al Sabba. A questo punto però, o per un eccesso di umanità o per stanchezza, l’inquisitore smise di fare domande e lasciò le ragazze nella stessa cella per dieci giorni. Tutti pensavano che le ragazze sarebbero state scarcerate, ma presto arrivò la condanna a morte.
Nel testo della deposizione si riconoscevano colpevoli, in quanto confessarono l’eresia di loro spontanea volontà, e furono obbligate a firmarla. Nonostante l’abiura, erano recidive adoratrici di Satana e per questo dovevano essere bruciate vive.
Le due fanciulle salirono sul rogo sotto gli occhi di tutta la popolazione che conosceva i fatti in quanto molti di loro parteciparono ai Sabba, ma che non poteva testimoniare perché avrebbe subito la stessa condanna. Ciò che poterono fare per ringraziarle di aver protetto tutti loro dalla stessa fine, fu di pagare il boia affinchè le strozzasse prima di bruciarle.
Questa storia è simile a molte altre, e proprio perchè non diventi una delle tante, finendo nel “mucchio” era giusto raccontarla e fare i nomi di queste giovani donne.
Fonti
Vanna de Angelis – Le streghe
Pamela Giorgi – Donne sante, donne streghe
Vanna de Angelis – Dalla parte delle Streghe
Appunti miei delle varie ricerche personali
Jules Michelet – La strega