Donne Eretiche: Antonia la strega bambina
Immagine di copertina di Larisa Birta
Questa storia mette ancora più in risalto quanto la caccia alle streghe fu davvero una caccia contro delle ombre inesistenti, nate dalla paura e, spesso, dagli interessi. In questa storia però, c’è un finale inaspettato.
Siamo nel periodo della Controriforma e ci troviamo nella città di Novara nel 1590. Antonia era una bambina esposta, ovvero abbandonata dai propri genitori e viveva in una in una casa di accoglienza che si chiamava ospizio di Sant’Orsola. Il nuovo vescovo di Novara, Bescapè, pupillo di Carlo Borromeo, era un grande diffusore dello spirito ascetico e moralizzatore e aveva spesso redarguito contro i vizi dei preti e contro gli abusi all’interno dello stesso ospizio dove viveva Antonia. Novara come molte altre città, doveva adeguarsi al moralismo della Controriforma.
la vita di Antonia
Nel 1600, all’età di 10 anni, Antonia fu adottata da due coniugi contadini che non potevano avere figli, Bartolo e Francesca Nidasio. Generalmente le bambine esposte venivano adottate per fare i lavori domestici e pesanti ma anche per essere presa in sposa, passando prima, ovviamente, tra le braccia del commerciante che le adottava, per poi essere abbandonate incinte. Questa volta invece la storia fu diversa: Antonia entrò in casa Nidasio, nel paese di Zardino, ed era molto amata dai suoi genitori. I vicini invece, essendo la bambina un’ esposta, iniziarono fin da subito con le ingiurie dicendo che la piccola era figlia del demonio e una piccola strega.
Questi commenti tendenzialmente innocui in altri tempi, furono invece i semi perfetti in mezzo a tanto moralismo, per il futuro cupo e orribile di Antonia che iniziò ad avere la fama di strega.
La piccola era una bambina molto silenziosa e ubbidiente, rispettava i genitori che la trattavano molto bene e aiutava chi era in difficoltà, ma anche i contadini a lavorare i campi. Era una bambina che non si tirava indietro davanti alla fatica ed era anche molto bella. Più che cresceva e più che la sua bellezza diveniva evidente tanto che un pittore la ritrasse addirittura nelle vesti della Madonna e la sua immagine fu messa in un’edicola votiva.
Nel paesino di Zardino arrivò un parroco nuovo, Don Terenzio, che come il periodo esigeva, tuonava contro il diavolo e contro i parrocchiani che non pagavano le decime alla Chiesa. Antonia era una bimba che non frequentava molto la chiesa e andava spesso in giro da sola, e anche per queste sue strane abitudini non era ben vista.
La sua vita fu piena di vicende legate al suo animo sereno e gioviale, che poco si addiceva ai rigori morali di quel tempo. A Zardino infatti arrivarono dei gruppi di Lanzichenecchi, soldati violenti e barbari, mal visti per il loro modo di attaccare i villaggi in cerca di donne e tesori, che invasero il paese con molto rumore e mangiarono ciò che trovarono, saccheggiando molte persone. Il parroco se ne stava barricato in casa mentre Antonia, che non aveva alcuna paura, fu vista parlare con loro e da quel momento divenne ufficialmente un’eretica, essendo, i Lanzichenecchi, considerati diavoli ed eretici a loro volta. L’accusa di stregoneria non tardò ad arrivare e fu a causa di due sorelle, Vincenza e Agostina Borghesini. Queste avevano un nipote, Biagio, che era malato di mente e anche molto innamorato di Antonia. Le zie erano convinte che il giovane fosse stato convinto con la magia ad amarla e fu allora che don Terenzio la denunciò all’inquisizione.
Si aprì allora un nuovo caso, dove si nota come non era assolutamente plausibile che una ragazza bella e gioviale, felice e serena, potesse far innamorare naturalmente un uomo. Tutto era riconducibile solo alla magia o forse questo, fu un pretesto per far definitivamente fuori quella bambina esposta che fu malvista fin dall’inizio.
Inizio dell’inquisizione di Antonia
L’inquisitore Manini che si occupava del caso di Antonia, era un uomo molto ambizioso e misogino, lasciandole davvero poche speranze. Cominciò i suoi interrogatori attaccando infatti fin dall’inizio, la bellezza di Antonia. Questa risultava essere era già una prova di eresia, perché in quel luogo generalmente non si vedevano fanciulle così belle, e il merito di tanto fascino era visto esclusivamente come opera del diavolo.
Il giudice trovò anche degli accusatori compatti e concordi su cosa raccontare durante il processo. La voce unica era infatti che Antonia fosse una strega, per il solo fatto di essere stata abbandonata dai suoi genitori. Qualcuno riportò anche di averla udita dire: “a far crescere il grano vale più un carro di letame e tutte le preghiere del prete.” Facendola così risultare anche ostile alla Chiesa e a Dio, ma dobbiamo ricordarci che era cresciuta con dei contadini e dunque, chi meglio di lei conosceva le dinamiche naturali di un campo di grano? Anche queste affermazioni, che per nulla escludevano eventualmente la sua devozione a Dio, furono usate contro di lei, insieme a quelle dei contadini, che spesso lei aveva aiutato nel lavoro, di aver danneggiato il loro raccolto già compromesso (però) dalla siccità di quel periodo.
La superstizione e l’ignoranza furono il motore di molti processi per stregoneria, dove la persona in questione non praticava neanche nessun tipo di arte magica o di guarigione, ma semplicemente era un elemento scomodo che portava disequilibrio alla moralità del tempo.
I genitori e i pochi amici che aveva Antonia, erano preoccupati e già pronti al terribile finale ma avevano venduto tutti i loro averi per poter pagare le spese di quel processo.
L’ inquisitore però, nonostante tutte le prove e le affermazioni ascoltate, sembrava reticente nel formulare un’accusa, fino al momento in cui trovò una coincidenza che fu considerata la prova schiacciante. Pierino Panchet era un tuttofare e giurò di aver visto Antonia sotto un albero, in compagnia di altre donne e del diavolo. Raccontò che in una notte del Sabba morì il figlio di una signora, una certa Luigia Cerruti, e un’altra notte le donne, tra cui Antonia, offrirono un al diavolo un bambino appena nato: Satana lo toccò e il bambino morì. Di fronte a tali “evidenze” l’inquisitore interrogò molte volte la ragazza che negò sempre di essere una strega, ma dovette ammettere di essere andata spesso, di notte, sotto un albero, per incontrare un uomo. Il giovanotto era una specie di ladruncolo che girava di paese in paese in certa di ricchezze. Aveva promesso di sposare Antonia, ma da molto tempo non si era più fatto rivedere.
Teresina un’amica di Antonia confermò questa versione, ma purtroppo il giovane non poteva essere rintracciato e così il ragazzo prese le parti del diavolo nella storia di Pierino.
Il giudice era molto scrupoloso e non volle tralasciare niente e anche se le prove ormai per lui erano schiaccianti, sottopose a tortura Antonia che non confessò mai di essere una strega neanche durante i patimenti. Questa resistenza confermò, per il giudice, il patto diabolico in corso tra la giovane e il diavolo. Sappiamo in realtà dagli storici che questa mossa del Manini fu un atto politico volto ad affermare l’indipendenza del tribunale inquisitorio di Novara da quello di Milano.
Il rogo
In attesa della sua esecuzione, i due famigli dell’Inquisizione, che si diceva venissero dalla comunità di fra Dolcino, le fecero visita in carcere e la violentarono. Nel 1610, Antonia venne portata al supplizio vestita con una veste rossa e la croce bianca. Il boia fu impietosito da questa giovane donna, e prima di metterle il cappuccio sulla testa e accendere il rogo le diede una pozione per stordirla, aiutandola a soffrire meno. I cavalieri di San Giovanni facevano luce con le torce intorno al rogo che ardeva e i contadini gridavano: “Evviva evviva la strega è bruciata”.
Dalle cronache sappiamo che il giorno dopo l’esecuzione piove come mai si era visto, il Sesia straripò e gli abitanti di Zardino cercarono scampo sui colli perchè, dopo il diluvio, Zardino era scomparso in un mare di fango.
Buon riposo Antonia.
Se vuoi approfondire questa storia ti suggerisco di leggere il libro “La chimera” di Sebastiano Vassalli.
Grazie per aver letto fino a qui..