Il dio selvaggio e il seme: prima parte del viaggio nel culto moderno


Leggendo questo articolo e quello che seguirà, capirai la connessione tra il Dio selvaggio e il seme ma soprattutto vedremo come il seme assume un ruolo centrale nel culto antico (e anche moderno) . Questa sua importanza ha dato origine al ciclo del seme sul quale si sono mosse le feste e le celebrazioni per interi millenni, quelle stesse celebrazioni che ancora oggi celebriamo attraverso la moderna Ruota dell’Anno. Sarà un viaggio nel tempo e nella simbologia, che spero troverai avvincente!


Il Dio cornuto, re della vita selvatica

Nel quinto millennio a.C vengono ritrovate delle raffigurazioni di uomini eccitati con le sembianze di toro o capra che furono considerati i predecessori sia dei centauri che dei satiri. Queste figure furono considerate come aiutanti della fertilità della terra, delle piante degli animali.

Furono ritrovate sotto forma di incisioni rupestri e con dei simboli associati legati alla fertilità come la famosa “M” o le tre linee, simboli che ricorrono spesso sui corpi delle statuette paleolitiche e neolitiche della Grande Dea.

Queste figure maschili sorreggono alberi e piante e hanno delle maschere con delle corna a simboleggiare la loro unione con l’energia animale proprio come sappiamo essere ricorrente tra gli sciamani ( e le streghe. Se ti interessa l’argomento trovi un articolo del blog in cui ne parlo: Streghe mutaforma).

E’ stato ipotizzato che la prima unione tra uomo e bestia fu quella tra uomo e capra perché la capra, o l’ovino più in generale, divenne un animale centrale nella vita neolitica tanto che i simboli legati alla Dea cambiarono: da una forma di serpente e uccello a una forma di ariete. Le spirali del serpente furono poi sostituite o comunque mescolate all’energia delle spirali e delle corna dell’Ariete.

Questo animale diventò centrale a livello cultuale perché forniva cibo, poteva essere allevato perché piccolo e abbastanza docile, forniva lana che poteva essere lavorata per creare abiti e coperte attraverso la tessitura che nacque proprio in questo periodo. L’ariete sosteneva quindi, tutte le attività umane.

L’animale cornuto però non era nuovo al culto. Sappiamo infatti che ben prima del neolitico la figura venerata dai popoli era quella di un‘entità selvaggia, legata alla vegetazione, alle foreste, ai boschi. Un’entità raffigurata da corna e zoccoli, ma di sembianze umane. E’ possibile che la venerazione di questa entità nasca in seguito alla pratica sciamanica di travestirsi da animale cornuto e di canalizzare le forze naturali dentro di sè ma anche per questioni molto pratiche legate alla sopravvivenza: la caccia era rivolta spesso ad animali di media grandezza come i cervi, che sostenendo la tribù, venivano onorati e celebrati. Probabilmente approfondirò il tema della divinità maschile più avanti perchè ahimè, questa figura selvaggia, cornuta, libera fu trasformata nel diavolo…

Ma perchè troviamo ricorrente questa unione uomo-animale? Innanzi tutto il contesto di riferimento è quello di un’umanità inserita perfettamente nella natura, dove gli animali erano aiutanti e coabitanti dello stesso territorio. Vi era dunque una fusione con ogni cosa esistente, ma probabilmente il motivo più preponderante per questa unione era la volontà di raddoppiare la forza fecondante e rigenerante, che l’animale donava all’uomo e che venne simboleggiata anche dal bastone, altro elemento che non manca quasi mai nelle mani degli sciamani, o delle divinità cornute.


Dal bastone al seme

Tutti questi elementi e la loro connessione con la fertilità potrebbe essere confermata dalla presenza nell’Europa antica, di raffigurazioni di uomini eccitati con delle coppe falliche o delle statuette a forma di fallo per mettere in scena l’unione dei principi creatori (bastone e coppa, ti ricorda qualcosa? I tarocchi?) che ritroviamo nelle cerimonie in onore del Dio Fauno o Luperco legati alla pratica agricola ma probabilmente discendenti da quelle divinità più selvagge come il Dio Silvano, legato a boschi e foreste ( Qui si nota il passaggio da Paleolitico a Neolitico, anche attraverso la simbologia delle divinità maschili).

I sacerdoti di queste divinità avevano un bastone e una campana (che è una coppa) e producevano rumore (ovvero agitavano il bastone per smuovere la campana) per richiamare la fertilità, rituali antichi ma rimasti nel folkore fino ad oggi. Pensa al Krampus che gira ancora oggi nel nord Italia con il suo bastone per ravvivare l’energia morente. Li vediamo sfilare infatti nel periodo del Solstizio invernale e la parola Krampus significa “putrefatto“.

Che il bastone fosse un simbolo di fertilità poi ce lo dimostra anche il ritrovamento di simboli simili sotterrati nelle campagne nei territori della Grecia. Falli scuri, del colore della fertilità (sì, il nero non è solo il colore della morte…) sotterrati per portare vigore alla Madre Terra mettendo in scena un rito di unione (il bastone di Beltane, infilato bella terra porta lo stesso significato).

Il bastone come simbolo di fertilità e giovinezza è davvero molto antico, ma al pari della simbologia del Krampus, ovvero una figura morente col bastone, troviamo la figura del vecchio col bastone. Perchè? Te lo dico. Questa unione di simboli di crescita e decadenza è il racconto di una ciclicità: la decadenza che porta con sè il dono della rinascita. Vengono infatti ritrovate statuette del dio giovane e del dio vecchio che sono entrambe sedute sul trono, proprio per testimoniare l’importanza del culto di entrambi e una sorta di complementarietà delle due figure. Il bastone come fallo vigoroso e come sostegno alla vecchiaia. Tutti questi aspetti li ritroveremo nella simbologia del seme.

Esiste anche una statuetta di un Dio morente con il seno, ovvero la simbologia della Dea vecchia unita al Dio vecchio, fusi insieme in un unico simbolo che testimoniano quanto fossero entrambi importanti questi due principi. Nel 5000 a.C invece troviamo una statuetta di una anziana donna e una statuetta di un uomo afflitto, due statuette distinte ma ritrovate insieme. La vecchiaia dunque come una fase della vita celebrata e onorata, e come culla del nuovo seme. Proprio come l’eterna lotta tra le divinità giovani e anziane, pensiamo al Re Agrifoglio e Re Quercia (riferimento doveroso dato che sto scrivendo questo articolo in prossimità del Solstizio invernale) che si susseguono un’eterna danza che da origine al cambiamento in prossimità dell’estate, quando a predominare è il re anziano, mentre al solstizio invernale trionfa il giovane Dio. E arriviamo all’unione di tutto il filo della mia ricerca sull’origine del ciclo del seme e dalla sua celebrazione.


Ma concludiamo nel prossimo articolo, intanto rimaniamo in contatto, ti lascio i link dei miei due social principali:



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Lisa

Ricercatrice spirituale, artigiana, figlia degli Spiriti...

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